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LA VIOLENZA DOMESTICA
Con il termine violenza domestica si intende quella forma di violenza di genere commessa da chi è legato da una relazione intima, “familiare”, con la vittima, ed è la forma più diffusa di violenza di genere. Il termine “domestica” si riferisce dunque non solo al luogo in cui avviene la sopraffazione, ma anche al tipo di relazione tra aggressore e vittima,
Il concetto di violenza all’interno di una relazione intima implica una condizione di sopruso e di potere tra i generi, fortemente collegato ai concetti di ruolo maschile e di ruolo femminile. La partizione tra i sessi in due generi sessuali rigidamente separati è una costruzione che favorisce la configurazione di un rapporto gerarchico tra maschio e femmina. La violenza domestica secondo il Consiglio d’Europa (2002) è la principale causa di morte e di invalidità per le donne di età compresa tra i 16 ed i 44 anni, prima ancora del cancro o degli incidenti automobilistici.
Per le donne che vivono una situazione di violenza domestica, che racchiude in sé violenza fisica, psicologica, economica e sessuale, è particolarmente difficile reagire, prima di tutto perché la violenza si genera e si sviluppa all’interno di quello che per la donna è un rapporto di amore e di fiducia ed in secondo luogo perché la violenza domestica non ha nella storia della coppia un inizio preciso. Non è dunque così facile per la donna riconoscere la violenza e determinare quando essa sia cominciata. L’atteggiamento maggiormente diffuso tra le donne vittime di violenza domestica è infatti inizialmente la tendenza a giustificare e perdonare i comportamenti di aggressività verbale e psicologica nei loro confronti da parte del partner, poichè in qualche modo esse pensano che dipenda da loro il buon andamento della relazione. Sono inoltre estremamente convinte che il proprio partner possa prima o poi cambiare, se si mostreranno sempre pazienti, disponibili e comprensive. Con il reiterarsi dei comportamenti violenti all’interno della relazione, nella donna aumenta l’intensa paura di essere maltrattata ed uccisa, o che ai propri figli possa capitare qualcosa di grave, il tutto pervaso anche da sentimenti di confusione, disorientamento, sensi di colpa ed impotenza. I continui rimproveri, gli insulti, le denigrazioni e le percosse, compromettono gravemente nella donna il suo livello di autostima e di fiducia verso la vita e gli altri, chiudendosi sempre di più nel proprio isolamento e vulnerabilità e rinforzando la convinzione che non esistano soluzioni alternative o vie d’uscita da quell’inferno.
La letteratura rappresenta tale fenomeno attraverso una vera e propria “spirale della violenza”, in cui il quadro di violenza con il passar del tempo diventa sempre più evidente, tende ad acutizzarsi sempre di più, secondo delle fasi tipiche (“Il ciclo della violenza” di E. Walker, 1996,2000) che si caratterizzano per:
-cicli di violenza che si alternano a periodi di falsa riappacificazione
-disponibilità della donna a dare una nuova opportunità al proprio partner nella vana illusione di riuscire ad ottenere un miglioramento
-costante disattesa delle aspettative della donna e ripresentarsi dei comportamenti violenti del partner
L’intimidazione attraverso la coercizione, il controllo economico e le minacce, l’isolamento della donna dalle amicizie e dai parenti, così come dal contesto sociale, la svalorizzazione di ogni attività e qualità fisica e psichica della donna, fino all’aggressione fisica e sessuale vera e propria, sono fasi intervallate da false riappacificazioni, ovvero momenti in cui il partner sembra pentito e chiede scusa, da un lato colpevolizzando la compagna di non essere stata in grado di comprenderlo o calmarlo, e dall’altro dicendo di amarla e di non poter vivere senza di lei, giurando di cambiare e di volersi far curare. A questo punto la donna, rimasta sola e isolata e con il solo partner come punto di riferimento e termine di paragone, si aggrappa all’illusione che esso possa cambiare, rimanendo in balìa della relazione violenta.
Se una donna leggendo tali righe riscontra nella propria storia una situazione simile, è importante che possa travalicare la propria vergogna ed impotenza e trovi dentro di sé il coraggio di rompere il silenzio, confidandosi con un’amica o con qualcuno di fiducia o chieda aiuto nei servizi del territorio (medico di base, ginecologo, pediatra, insegnanti, catechisti o personale esperto presente nei consultori familiari, nelle associazioni al femminile, pronto soccorso o Forze dell’Ordine). Chiedere aiuto è sicuramente il primo passo per costruire una rete d’interventi integrati tra i vari servizi a tutela e protezione delle donne vittime di violenza. Fuoriuscire dal circuito della violenza è possibile, ma è fondamentale per la donna vittima usufruire del supporto legale, psicologico, sanitario e sociale da parte di operatori esperti e formati in tale ambito.